RONALD LEWIS FACCHINETTI

INTERVISTA DI MAX BOSCHINI A RONALD LEWIS FACCHINETTI

D: Ciao Ronald. Tutti i grandi giornalisti hanno delle tare e io non sono da meno. La mia riguarda la prima domanda, che si ripete da tempo: chi sei? Da dove vieni? Cosa fai nella vita? Una sorta di autopresentazione, la definirei io. A te la parola...

R: Caro Max, ogni mia iniziativa nel mondo dell'arte è un tentativo di trovare risposta a quelle domande, in particolar modo alla prima. Chi agisce nel mondo dell'arte animato o spinto da altri impulsi, perde il suo tempo.

D: Una risposta interessante, che ti si confà. Da tempo seguo le tue "operazioni" e devo dire che hai un approccio molto personale. Vuoi raccontare ai lettori di Design Radar di cosa ti occupi in particolare?

R: Sperimento nuove protesi di fruizione che facilitano l'esperienza estetica di un'opera. Poi mi occupo di replicarle in modelli globalizzabili. Così è stato per ContainerArt, un evento che usa container marittimi sparsi per città o consolidati in musei temporanei.

Il prossimo mese, all'interno di un evento che ho chiamato Box Shock, introduco altre tipologie di protesi fra cui MindCube, strutture che permettono una protezione più efficace del fruitore dalle distrazioni che ne prevengono la catarsi. Qui s’infila la testa all'interno di un mini-container sospeso da terra.

Poi Kilohertz, il mio esperimento museologico più radicale. L'idea che il corpo stesso può essere trasformato in spazio espositivo di immagini generate con il suono e la propria capacità di visualizzazione. L'idea che la prossima avanguardia musicale non si svolgerà nelle orecchie, ma all'interno del corpo.

Infine, durante Box Shock introduco il MuseoLabirinto: la trasformazione temporanea di un Self Storage in un un percorso nel quale, in pieno stile ContainerArt, ad ogni installazione viene riservata un box. Qui il percorso cunicolare aiuta il fruitore nella preparazione mentale prima di fare esperienza di isolamento davanti all'opera.

Come vedi, tante espressioni della stessa idea. Qualcosa tipo "Beauty Inside".

D: Ecco, proprio su "Beauty Inside" volevo andare a parare. Ci spieghi meglio cos'è?

R: Si può avere un’esperienza fisica e trasformativa della bellezza, se questa viene portata dentro se stessi. La bellezza non è solo un concetto teorico ed astratto. Tuttavia al fruitore distratto e inconsapevole bisogna dare una mano. Ecco, "Beauty Inside" è tutto questo, una sorta di palestra di fruizione, attraverso la quale i fruitori hanno l'opportunità di praticare metodi di lignaggio yogico per giungere a quella che potremmo definire illuminazione estetica.

D: Concordo, sono pure io dell'idea che una mano possa servire ad aprire porte e passaggi altrimenti sconosciuti. So che in passato il nome beauty inside è stato abbinato anche allo yoga. Questa cosa mi incuriosisce. Mi spieghi meglio l'accoppiata yoga/arte?

R: Da anni perseguo esperimenti di "fruizione d'avanguardia" con piccoli gruppi di praticanti yoga. Si tratta di utilizzare tecniche di derivazione yogica per entrare in contemplazione davanti a un'opera. L'illuminazione indiana e la catarsi greca hanno più in comune di quanto si pensi. Il libro "Beauty Inside" è un mio primo tentativo di creare un manuale di fruizione d'arte usando forma narrativa e tecniche di meditazione guidata.

D: Diciamo che possiamo appunto considerare la "fruizione d'avanguardia" la costante dei tuoi progetti, da ContainerArt a MindCube, passando per Kilohertz e Beauty Inside. Sbaglio se considero il fruitore come parte fondamentale dell'opera d'arte e non come semplice osservatore? Perchè questo tuo particolare interesse per la fruizione?

R: Ebbene Max, hai colto nel segno: ho una concezione "fruicentrica" del sistema dell'arte. L'opera rimarrà irrilevante fino a quando non ci sarà qualcuno che si mette a contemplarla. Fino ad allora sarà solo gioco, ironia, scherzo, politica, slogan, statement: niente di veramente serio insomma. Creare fruitori d'avanguardia è la scintilla per un rinascimento dal postmoderno. Questa è la mia mission!

D: Dovremmo riconsiderare la funzione dei musei?

R: Si, credo proprio di si. Il museo contemporaneo non funziona per la mente contemporanea. Quelli che porto avanti sono esperimenti di museologia introduttivi e propedeutici alla creazione di un nuovo concetto di museo. Nuovo non solo nell'architettura, ma anche e soprattutto nella mission statement.

D: Per certi versi, i nuovi spazi espositivi creati dalle archistar, si avvicinano molto al tuo concetto di opera d'arte: i visitatori non solo vedono fisicamente il museo, ma vi entrano dentro, lo toccano, lo vivono... che ne pensi?

R: L'ego delle archistar si rivela nelle loro strutture, che distraggono il fruitore dalle opere in esse contenute. L'architetto deve riuscire a cancellarsi, non ad imporsi. Ribalterei il dictum di Mies: che la forma segua il fruitore.

D: Hai mai pensato di mettere in gioco, nella fruizione, anche il tatto?

R: Si può comporre arte attraverso ognuno dei sensi. Lavoro sul tatto nel progetto Kilohertz ...per una fruizione tattile della musica. Se vuoi passare al Nhow hotel di Milano, proprio in questi giorni ho messo giù una pedana in collaborazione con Andrea Modica. Porta il tuo Ipod o un tuo CD se vuoi e ascolta la musica che preferisci attraverso il corpo.

D: Fino ad ora, nel corso di questa breve discussione, è comparsa più volte la parola "fruitore". Dopo l'opera d'arte, non dovremmo riconsiderare anche lui? Come vedi il "frutore" d'arte ideale?

R: Opero nella convinzione che in questo periodo storico l'opera d'arte sia secondaria a quella del fruitore. Il fruitore ideale è il Santo Fruitore: colui che fa dell'arte un mezzo nel suo percorso spirituale. I Santi Fruitori si contano sulle dita di una mano. I Fruitori d'Avanguardia sulle dita di due mani. I fruitori comuni sono innumerevoli.

Vanno ribaltate le proporzioni. Questa deve essere la missione di un curatore di arte contemporanea. Di un Santo Curatore, ovviamente.

D: Ronald, un'ultima domanda legata alla contemporaneità. E' di questi giorni l'apertura di un Mc Donald's al Louvre. Che ne dici? Un'idea per risanare i bilanci anche per i musei italiani? Mercificazione? Ti lascio l'ultima parola...

R: Per quanto apprezzi gli sforzi del franchise Mc Donald e occasionalmente mangi i loro panini e patatine, trovo difficile la concentrazione e dunque la fruizione dell'arte in seguito. Non credo che sia un cibo da fruitore d'avanguardia. Ma in post-fruizione, potrebbe essere una buona soluzione. Si sa che la carne ti riporta a terra. Il Louvre ha altri problemi piu' importanti nella concezione e fruizione del suo museo. Il Louvre è un ottimo esempio da non seguire. Ma questo vuol dire che possa migliorare molto.