artisti invitati:
Adalberto Abbate, Paolo Angelosanto, Francesco Arena, Wladimiro Bendandi, Max Boldrin, Pierluigi Buttò, Mauro Ceolin, Coniglioviola, Gianluca Costantini, Sabine Delafon, Massimiliano Eddis, Igor Eskinja, Fantasmagramma, Alessandra Ghirardelli, Alice Guareschi, Dario Lazzaretto, Federico Maddalozzo, Delfina Marcello, Fabio Marullo, Nark Bkb, Caterina Notte, Maria Elisabetta Novello, Domenico Palma, Rafael Pareja Molina, Gruppo Passaporta, Adriano Persiani, Stefano Pini, Maria Grazia Pontorno, Christian Rainer, Anna Rossi, Matteo Rosso, Antonio Rovaldi, Luca Tanzini, Simone Tosca, Carlo Vedova, Sebastiano Zanetti, Davide Zucco.
Inaugurazione stampa sabato 15 novembre ore 18.00
Risposte sul progetto Q13-GARAGE
LAURA RIOLFATTO (LABORATORIO/Interno3): L'idea portante di Q13-GARAGE è il confronto-incontro degli artisti "visivi" con l'argomento "musica". Ciò che è stato chiesto loro è, a conti fatti, di realizzare un progetto-immagine strettamente legato alla musica (con tutto ciò che essa rappresenta: sonorità, brani pop, rock, ballate popolari, musica elettronica, etc) e alle suggestioni che essi hanno nei suoi confronti. Un argomento che, se vogliamo, è estremamente semplice e complesso al tempo stesso, e che potrebbe scadere - se mal interpretato - nella banalità. Nel tuo caso, ad esempio, sarebbe interessante sapere come hai rivolto le tue scelte, come hai effettuato la tua ricerca. Che tipo di artista pensi sia in grado di dare un'interpretazione "mir ata"? E quale pensi che sia l'interpretazione giusta da dare?
ALBERTO ZANCHETTA [in base al mio “Io Penso” ovvero:] A Priori mi ero proposto di rendere visivamente non tanto la musica ma il suono, indi pure il rumore; coinvolgere altresì gli artisti in una formalizzazione del senso dell'udito, come se si volesse ragionare per "riverbero". Ludwig Van Beethoven era sordo, le note anziché sentirle se le figurava, le "pensava". In questo caso si tratta[va] di pensare il suono/rumore con un suo corpo, a più dimensioni, e non più aereo-volatile, di (an)aerobio quale è in realtà - ovviamente svicolando da un pentagramma, forma alquanto banale, come da te ipotizzato. Nello specifico: Maddalozzo ha decostruito il rumore [nell'esempio di un generatore] riducendolo a pixel cromatici; i Fantasmagramma hanno tr asposto le loro performatività sonore in un'immagine rifratta - da un oscilloscopio; Marcello ha scandagliato il labirinto dell'orecchio ottenendo uno stillicidio dell'udito; Pini ha lavorato in base a una associazione di pensiero (indotta da una associazione visiva): quella dei manifesti di alcuni concerti rispetto alle bottiglie vuote accumulatesi tutt'intorno (casse armoniche vuote, un processo di consumo che collima con "la fine dello spettacolo" rispetto al "show must go on"); Nark Bkb si è interessato ai chewinggum appiccicati alle sedie di un'aula vuota, silente, quale epilogo di una masticazione scomposta, semi-rumorosa, sicuramente fastidiosa. Altri hanno privilegiato il packagin discografico o il booklet del cd, attuando una "cover" (che nel nostro gergo corrisponderebbe al d'après) della "cover" (del disco). È il caso di Tosca, che ha rivisitato/omaggiato/infirmato una copertina dei Talking Heads; Rossi ha riletto Piazzolla, lo ha siglato, cancellato, fino a nega rne la struttura composita; Persiani ha invece preferito inventarsi, ex-novo, un proprio demo. Diversamente da Costantini che sembra aver rivisitato con stile grafico e decorativo i fasti di Hambleton, o da Bendandi che si è affidato alle "comunicazioni di servizio". Il tema di Q13-GARAGE non può quindi avere una forma restrittiva, al contrario: è un invito all'imago più sfrenato... non solo emotivo o affettivo come accennavi poc'anzi...
STEFANO COLETTO: Il progetto Garage mi è parso subito interessante e per due ragioni. Prima di tutto perché riprende la non risolta questione del rapporto tra arte visiva e musica, che ha prodotto innumerevoli testi, ma anche opere d'arte linguisticamente ibride; e poi perché questa problematica viene inserita nella prospettiva della convergenza dei media nel digitale. A questo punto mi sono chiesto come coinvolgere un artista su questo progetto e quali sarebbero potute essere le caratteristiche delle immagini realizzate. Grazie al digitale le due dimensioni vedere - ascoltare si intersecano con una facilità senza precedenti, divenendo percetti strutturalmente simili ma fenomenologicamente diversi. L'opera digitale sembra avere due volti, due facce differenti, non solo adiacenti ma innestate una nell'altra e prodotte da una medesima natura. Lavorando al progetto Garage ho pensato quindi all'immagine che gli artisti avrebbero realizzato come ad una particolare forma di icona di collegamento. Il link si associa ad un testo ma anche ad un'icona stilizzata che svolge la funzione di semplice richiamo, di interfaccia. Il link cliccato/attivato produce qualcosa, apre uno spazio, avvia una funzione. Queste immagini elettroniche però non avrebbero potuto suonare. L'intervento artistico per ragioni tecniche ed estetiche non poteva infatti ridursi a creare un semplice collegamento per aprire un file musicale come un'icona per computer; serviva un'immagine complessa, stratificata, pregnante, dotata di forza autonoma rispetto alla musica ma che con questa fosse comunque in relazione. In altre parole un'immagine prodotta per analogia, connessa al mondo della musica, non solamente visiva ed espressiva, bensì anche capace di attivare n egli occhi dell'osservatore una tensione che metaforicamente conducesse all'immaginario musicale sempre sfuggente, fluido. Un elaborato visivo - digitale esposto come link silenzioso e complesso, aperto, pluridirezionale e senza precisi referenti. Non credo quindi ci sia una forma o un modo corretto per realizzare tutto questo, bensì una disposizione particolare nei confronti del problema che apra ad un luogo, quasi un campo simbolico di forze nel quale porsi, da attraversare ed a cui rinviare con un'immagine.
PAOLA CAPATA: Nessuna forma e nessun modo corretto di "mettere in opera" il progetto, sono d'accordo. Ciò che invece a mio parere è risultato determinante nella fase di invito degli artisti e realizzazione delle opere è la "predisposizione" al tema in oggetto. Contrariamente alle apparenze, come dicevo prima, non si ha a che fare con un tema semplice. E' anzi, un argomento terribilmente complesso, perché può essere affrontato con mille sfumature e diversità, c orrendo il rischio, nostro malgrado, di creare delle pericolose tautologie. Ognuno di noi, nella scelta operata, in veste di critico e/o curatore ha fornito un'interpretazione personale che -seppure a grandi linee-ha indirizzato gli artisti, permettendogli di lavorare in una direzione. La mia scelta è ricaduta su artisti che hanno una grande affinità con l'oggetto "musica", intesa come oggetto proprio perché pensata a tutto tondo, e che fanno della sonorità una parte fondamentale della propria ricerca. Personalmente, sin dall'inizio, ho pensato che per loro avrebbe significato confrontarsi con un soggetto, con un elemento che è parte costante della vita di ogni giorno e sul quale a volte si possono dare molte cose per scontato. Q13-GARAGE per gli artisti potrebbe significare un tirar fuori qualcosa dal cassetto, rigirarselo tra le mani e, perché no, scoprirvi una progettualità anche al di là degli scopi di questa mostra. E chissà che molti di loro, magari proprio grazie a Garage, non stiano già pensando a qualche nuovo lavoro, che prendendo spunto da quest'esperienza, possa poi ampliarsi e trasformarsi in qualcos'altro. Sarebbe raggiunto lo scopo che mi ha spinto, sin da subito, a partecipare a questo progetto. Credo di non sbagliare dicendo che poi, in realtà, è proprio questa ricerca di sinergie nuove e stimolanti il motivo che ha spinto tutti noi a lavorare insieme, nonostante le distanze (geografiche-concettuali-di prassi lavorativa) e la diversità degli approcci. Speriamo in un buon confronto. E rimaniamo in attesa-fiduciosi- di vedere queste sinergie.