INTERVISTA A SIMONA PALEARI

(a cura di Boskizzi)

Boskizzi: Ciao Simona. La consuetudine vorrebbe che io partissi con la canonica domanda "Chi sei, cosa fai?" ma visto il tempo pazzerello di questi giorni, ho deciso di fare altrettanto. Credo si possa imparare molto da ciò che una persona porta con sé: cosa hai nella tua borsa? Nel portamonete?

Simona: Nella mia borsa? Portafoglio, cellulare, fazzoletti, chiavi, agenda, banalmente quello che si può trovare in molte borse. Nel portamonete solo monete e qualche scontrino vecchio.

D: Simona, speravamo che il check in potesse aiutarci a conoscerti. Passiamo alla domanda di riserva :-) Chi sei? Da dove vieni? Dove vai?

R:Ho descritto le poche cose che tengo in borsa come tu mi hai chiesto, già da qua si possono capire un pò di cose...sono analitica e minimale. Ho ventisette anni, vivo in provincia di Milano, ho un percorso lineare di studi: maturità artistica, diploma in Pittura all'Accademia di Belle arti di Brera con una tesi sul cinema di Abbas Kiarostami. Il mio percorso pittorico è finito nel momento in cui ho iniziato l'Accademia, ero più interessata alla fotografia e al video. All'ultimo anno accademico mi sono iscritta all'Istituto R. Bauer, per conoscere meglio la fotografia e per avere una base più tecnica e ampia rispetto a quella che avevo dagli studi. La Bauer è stata per me molto importante per capire meglio il mio stile, il mio lavoro, approfondire sotto molti punti di vista la fotografia. Una volta diplomata ho iniziato a fare da assistente per alcuni fotografi di Milano. Ora sono assistente di Roberto Marossi, che si occupa di documentazione fotografica per gallerie ed esposizioni d'arte, e parallelamente cerco di portare avanti il mio lavoro continuando a fotografare.

Nel 2006 ho esposto in una collettiva presso la Triennale di Milano, per la mostra del Premio Pezza, vincendo il primo premio con un video fotografico. A maggio di quest'anno ho esposto a Venezia, presso la Fondazione Bevilacqua la Masa, il lavoro finale di un progetto che ho fatto insieme ad altri diciassette fotografi, ognuno di noi aveva un tema su cui lavorare per sottolineare la situazione attuale e futura di Venezia. Ho appena finito di lavorare per il Museo di Fotografia di Cinisello Balsamo, per il progetto Mobile City, in veste di Tutor. Continuo a fare fotografia in ogni modo e spero che le cose si evolvano un pò.

Dove vado? Non ne ho idea. Ma se prima ero spaventata, ora non ci penso e vado avanti, cercando di fare ciò che mi piace. Mi piace molto la musica e la contaminazione tra le varie discipline: la fotografia, il video, la musica e sono sempre disposta a sviluppi e progetti in varie direzioni, forse perchè non so bene che via prendere preferisco non escludere nulla a priori.

D: Hai ragione: analitica e minimale: lo sono anche le tue foto. Come arrivi ad una sintesi così estrema?

R: Non saprei, è il mio modo di fotografare, è stato più o meno sempre questo, sono sempre stata attratta dalle immagini pulite e geometriche. Non credo neanche che sia così estrema, è una sintesi di quello che vedo, taglio nella visione quello che è di troppo, inquadro solo ciò che mi interessa sottolineare, eliminando il superfluo, questo perchè guardando in giro ci sono elementi che attirano la mia attenzione, con la fotografia non faccio altro che isolare l'immagine dal resto.

A volte analizzo i luoghi e gli spazi che normalmente sono sovraffollati e li fotografo vuoti, questo perchè voglio sottolineare l'identità del posto, mostrarlo freddamente, dando una descrizione del luogo contemporaneo, del mutamento del paesaggio, dei nuovi luoghi di incontro, di divertimento e di passaggio.

D: Da parte in causa, sia come fotografa che come assistente di Marossi, come vedi la situazione legata alla fotografia in Italia?

R: Un pò ferma, ci sono pochi eventi legati alla fotografia, poca interesse nel promuovere e dare visibilità ai giovani fotografi, una cultura un pò stagnante che avrebbe bisogno di un pò di apertura. Facendo riferimento all'estero dove sembra (almeno da lontano) che tutto sia più attivo, vivo, culturalmente più interessante e più attento alle nuove realtà.

Poi si va di luoghi comuni e sembra che sempre altrove le cose vadano meglio.
Credo che però nel 2008 se uno vuole trovare stimoli e informazioni sulla fotografia lo possa fare anche con altri mezzi, con internet, in rete c'è molto fumo ma anche alcuni siti utili per vedere sempre cosa succede altrove in fotografia.

D: In cosa consite il tuo lavoro come assistente di Roberto Marossi?

R: Sono la classica assistente: monto le luci, preparo la macchina fotografica, lo assisto nel lavoro, e sempre di più si affianca il lavoro di post produzione digitale, tutta la parte che viene dopo lo scatto per l'ottimizzazione del file digitale.

D: Ne deduco che, per il tuo modo di lavorare, il digitale ha la sua importanza. Che mi dici, a riguardo, sia per quanto riguarda l'esperienza all'Accademia di Brera che l'Istituto R. Bauer?

R: In generale il digitale ormai sta prendendo largamente piede e purtroppo l'analogico tra qualche anno scomparirà del tutto. Nel mio lavoro il digitale è importante come l'analogico: scatto in analogico con un medio formato in quanto l'approccio è completamente diverso, più meditato, meno immediato, latente, e poi in seconda fase continuo il lavoro in digitale pulendo l'immagine e cerco di rendere più neutri i toni.

L' Accademia per me è stata un pò un buco nero, la maggior parte dei corsi danno davvero poco, sia a livello formativo che a livello tecnico. Non ci sono corsi e aule adeguate a nuove discipline, nuovi media. L' Accademia per alcuni versi è rimasta immobilizzata a quello che era la sua formazione originaria, improntata ancora sulla copia dal vero e laboratori di pittura. E' giusto che ci siano ancora queste discipline classiche, ma ci deve essere allo stesso modo un'evoluzione perchè il modo di produrre è cambiato.

Ho visto recentemente dei cambiamenti nel piano di studi, c'è anche un corso di fotografia, una parte multimediale, spero che le cose si siano evolute e che l'organizzazione sia migliorata.
Il corso più interessante è stato quello di cinema, con Francesco Ballo, mio relatore di tesi. Passavo le mattinate di lezione a vedere spezzoni di film e ascoltare le sue lezioni, sono venuta a conoscenza di molti autori interessanti da B. Keaton, al cinema sperimentale di Stan Brakhag e molti altri.

Come detto già prima l'istituto Bauer mi ha dato una formazione più completa, sia nella storia della fotografia, che nelle tecniche fotografica, dalla ripresa, analogica e digitale, dal banco ottico al piccolo formato, passando per lo sviluppo e la stampa.

Oltre tutta questa parte molto tecnica c'è una buona preparazione sul lavoro progettuale. Punto fondamentale per la Bauer è quello di dare la capacità di creare un lavoro ampio, che abbia un inizio e una fine, che sia un racconto che abbia un'idea progettuale.

D: Come sei finita sul Group Show n.24 della Humble Arts Foundation? Come promuovi il tuo lavoro?

R: Humble Arts Foundation è uno di quei siti che mostrano spesso dei lavori fotografici molto interessanti, mensilmente mostrano online una galleria di immagini di vari fotografi, scegliendo una singola foto per autore, riescono sempre a fare una selezione che ha un filo conduttore che unisce in modo molto preciso il lavoro dei vari fotografi. Ho spedito cinque immagini e ne hanno scelta una per il Group Show.

Cerco di partecipare a concorsi, online o non, continuo la mia ricerca fotografica, anche senza un preciso motivo di realizzazione se poi vedo che il lavoro può essere proposto per concorsi o iniziative fotografiche lo presento, altrimenti continuo a far crescere il lavoro per possibili sviluppi futuri.
Ora vorrei fare un progetto, proporre un laboratorio/programma sulla fotografia e il paesaggio contemporaneo, con incontri sia per mostrare fotografi che hanno già lavorato su questo tema, che di realizzazione di un lavoro dei vari partecipanti. Vorrei proporlo a centri polifunzionali, centri culturali e altro.

D: Forse questo è l'aspetto più difficile del fare fotografia in Italia: spesso manca il supporto necessario, l'aiuto che fondazioni, istituzioni ed Enti possono dare a progetti meritevoli di attenzione. Io dico spesso che i "pochi" riconoscimento che ho ottenuto li ho avuti fuori dai patri confini. Come la vedi tu?

R: Sicuramente in Italia non è facile muoversi nella fotografia, c'è poca attenzione e promozione del lavoro di giovani fotografi, c'è sempre la necessità di avere conoscenze per promuovere il proprio lavoro, poca visibilità e poche opportunità, ma forse se uno si muove con molta determinazione può ottenere anche buoni risultati anche qui, magari faticando il triplo che in altri paesi d' Europa e muovendosi più lentamente.
E' vero anche che per lavorare per redazioni o giornali non è facile entrare nel giro dei fotografi, perchè se non sei un nome non ti considera nessuno, e se non hai già dei pubblicati non è facile entrare del giro, purtroppo si va molto di conoscenza e di presentazioni, credo che all'estero valga più quello che produci rispetto a chi conosci. C'è una sorta di etichetta che non fa vedere realmente la produzione di un lavoro qualitativo ma ci sono prima di tutto le conoscenze e i contatti che uno ha.

Poi anche qui si va di luoghi comuni, visto che ci sono molti fotografi che sono riusciti ad affermarsi senza l'aiuto di nessuno.
Penso per esempio ai concorsi in cui spesso nel bando viene richiesto di mandare un curriculum artistico, con mostre o altro fatto precedentemente. Perchè non si fanno concorsi a scatola chiusa? In cui si spedisce il lavoro, la commissione guarda le fotografie, sceglie il lavoro da premiare e poi "si apre la busta" contenete il nome dell'autore.
Una sorta di ribaltamento.

D: Sfondi una porta aperta. Fortunatamente internet rende tutto più facile ed è possibile trovare soddisfazione anche lontano dall'Italia. Prima ci parlavi di nuove idee per nuovi progetti: ci può dire qualcosa i più?

R: Non volevo dire che i concorsi li vincono quelli che hanno conoscenze, assolutamente non lo penso, ma ritengo solo che siano più importanti le fotografie che il curriculum dall'autore.

Progetti futuri? Ora devo disegnare la copertina di un gruppo di Milano che mi ha chiesto di fare una prova per la loro prossima copertina del cd che uscirà a settembre, se dovesse piacere la utilizzeranno. E' sempre stato un pò un sogno poter fare la copertina di un gruppo musicale, forse perchè la musica per me è una gran passione.

Poi vorrei iniziare un progetto sugli adolescenti, mi piace vedere che ci sono tanti tipi di ragazzi, ognuno con un proprio linguaggio, con dei propri gusti e con delle proprie "classificazione": i punk, gli emo, i fighetti, i robbosi per dirla nel loro gergo. Vorrei fotografarli per mostrare gli adolescenti di oggi, i cambiamenti delle nuove generazioni.

Mi piacerebbe anche fare un viaggio lungo la via Emilia, percorsa anni fa dal fotografo Luigi Ghirri e rianalizzare gli stessi luoghi con un occhio diverso per vedere cosa è cambiato e in che modo.

Ma sono solo pensieri per progetti futuri che ho in mente ma che non so né quando né se riuscirò a realizzare.

D: Simona, che dire ancora... in bocca al lupo per il tuo futuro. Ti lascio i titoli di coda, se vuoi dire qualcosa ai lettori di design radar, fallo ora o taci per sempre...

R: Imbocca al lupo anche a te e a tutti quanti!