INTERVISTA A FRANCESCA TILIO

(a cura di Boskizzi)

Boskizzi: Francesca ciao. Il tuo sito è un po' parco di notizie biografiche. Come al solito, apriamo le danze con la domanda di rito: chi sei? Che fai? Da dove viene e dove vai?

Francesca: Marchigiana di Jesi. Trentadue anni. Dieci trascorsi nel mondo della grafica. Scopro il teatro adolescente. Lo scorso anno, quello in cui ho anche iniziato a fotografare, plasmo l'idea per uno spettacolo sulla vita di Tom Waits. Il mio debutto da regista è stato un maggio fa. Oggi attraverso la strada della fotografia cercando di non farmi mettere sotto da una macchina.

D: Che ti piace fare, combinare, vedere?

R: Quello che mi viene in mente ora > Il rosso > I film di Hitchcock > I miei dischi a tutto volume sola in macchina con i finestrini chiusi > L'atmosfera di certi quartieri di Londra > Ryuichi Sakamoto > Gli odori che ricordano > Le idee di Miranda July > Le occasioni > Il divano di casa mia > Ascoltare le vite interessanti > Birol Ünel > Le scogliere e le dune > Pensare cose inutili come queste.

D: Una vita interessante, senza dubbio :-)

R: Non amo "parlarmi". Quando sulle riviste leggo le biografie in pillole della gente ho sempre l'impressione che facciano una vita interessantissima. La mia vita potrebbe essere più o meno banale...basta sovraesporre di 1 stop. Credo lo facciano tutti.

D: Mi sembra di capire che sei approdata alla fotografia dopo altre esperienze. Come mai? Hai abbanondato il resto? Cosa farai in futuro?

R: Le esperienze che hanno preceduto quella fotografica non sono affatto accantonate. Continuo a lavorare come grafica, continuo a recitare. La fotografia è arrivata istintivamente e si è aggiunta al resto.

Voglio intrecciare queste realtà come si intrecciano i capelli. Voglio stupirmi del risultato finale. Voglio creare acconciature nuove e
sorprendenti. Poi, da grande, chissà cosa farò!? Sicuramente migliorare e dare vita ad uno stile mio. Vorrei essere riconoscibile come un manifesto del circo di Moira Orfei.

D: Una buona idea senz'altro. Del resto i manifesti del circo di Moira Orfei sono fantastici. Parlaci un po' delle tue foto: come le vedi? Come credi le osservino gli altri?

R: Le foto che scatto sono colorate, sono casuali, sono prive di tecnica ragionata, sono senza aria. Spesso prendono vita se associate ad altre immagini. Ma più di tutto penso che siano femminili. E' facile intuire
che gli scatti sono fatti da una donna e immagino siano le donne ad apprezzarle di più. Durante lo scatto e durante il taglio (la parte che prediligo) penso solamente alla loro resa estetica. Non voglio comunicare niente che non sia il gusto di guardarle. Un po' come quando si ammira una bella donna: per trarre piacere dalla sua figura non si pensa alla sua intelligenza!

D: Diciamo che se la fotografia fosse per te una professione, saresti al soldo di Vogue e non del National Geographic?

R: Ah! Forse si. Ma forse anche no. Se la fotografia fosse veramente una professione per me, probabilmente quello che ho scritto fino ad ora cambierebbe. Dovrei comunque stare al soldo di qualcuno, quindi potrei
anche sviluppare un "occhio National Geographic". Oppure pensa che bello sarebbe rivoluzionare l'immagine da documentario arricchendola di particolari fashion alla Vogue!

D: Eh Eh, "Forse che si, forse che no" è un famoso motto pensato da Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova. :-)
Stai sviluppando progetti ben precisi o scatti cogliendo l'attimo, sulla base delle occasioni e l'umore del momento?


R: Sono la musica, le persone che mi piacciono, i colori a suggerirmi gli scatti. Poi mastico e rielaboro i materiali che provengono dai vari set. Il risultato è sempre un'incognita perché non parto mai con un'idea ben precisa.

In questo momento sto cercando di portare avanti, nella mia città, un progetto fotografico con altri ragazzi (miei concittadini conosciuti su flickr). Prendo ispirazione dall'attività di un giovane e affermato fotografo americano, tale Tim Barber, che, utilizzando scatti non incorniciati di giovani fotografi, allestisce pareti bianche in maniera caoticamente ordinata. Il risultato è coinvolgente. Sei sopraffatto dalle immagini, tanto diverse tra loro perché provenienti da differenti autori. In questo modo si perde la solennità della mostra fotografica tradizionale e si è più veloci, più quotidiani, alla portata di tutti.

Poi, probabilmente a primavera, la mia prima personale.

D: Ma dai, dove? E cosa ci mostrerai? Puoi già parlarne?

R: In una galleria di Fano ma i pezzi da esporre sono ancora da definire. Comunque donne.

D: Sei grafica e fotografi: che rapporto hai con la manipolazione digitale? Usi photoshop per "migliorare" i tuoi scatti?

R: Spesso uso photoshop per aggiustare la luce e i contrasti. Raramente ho provato ad aggiungere degli effetti, delle texture. Preferisco comunque le foto "naturali", ho sempre l'impressione che le manipolazioni trasformino le foto in qualcos'altro.

D: Francesca, grazie della disponibilità. Hai a disposizione le prossime righe per mandare un messaggio ai lettori di design(radar. Puoi dire ciò che vuoi... Printi? Via!

R: Per terminare provo a pensare cos'è per me la fotocamera. E' la prima volta che ci rifletto in effetti... dunque... è il viaggio quotidiano, la voce dei silenziosi, il bottone con lo sconosciuto, la vista di ciò che avrei ignorato, la sigaretta che non nuoce, la bracciata in piscina, la solitudine desiderata, il guinzaglio al collo volontario, l'amante silenziosa, la notte e il giorno, uscire dalla malattia, camminare con occhi nuovi, l'immagine che hanno gli altri di me…